Rischio suicidario nella dermatite atopica, la più frequente malattia non contagiosa della pelle
Un punto spesso misconosciuto nella pratica medica riguarda le complicanze psicopatologiche delle malattie. È il caso appunto della dermatite atopica. L’occasione di ragionare su questo diffuso disturbo della pelle mi è data dall’analisi di un campione di 4.770.767 soggetti, di cui 310.681 con dermatite atopica, pubblicata nel 2019 sulla prestigiosa rivista scientifica Jama Dermatol. Tale ricerca ha evidenziato una relazione significativa tra dermatite atopica e rischio suicidario. Prima di entrare nel merito psichiatrico, solo due parole per descrivere questa malattia molto diffusa che colpisce dal 2 al 10% della popolazione adulta ed è la più frequente malattia non contagiosa della pelle.
Consiste in un una particolare modalità di reazione della cute a vari fattori interni ed esterni, ed è caratterizzata da secchezza e arrossamento, presenza di rilievi o vescicole, desquamazione e prurito. La dermatite atopica non si manifesta solo a livello cutaneo, ma progredisce intaccando anche le mucose: nella maggior parte dei soggetti affetti si riscontrano anche episodi di asma, rinite e rino-congiuntivite allergica. L’aggettivo «atopica» sottolinea l’assenza di una collocazione cutanea particolare: il termine deriva dal greco a-topos, che significa appunto «privo di luogo preciso». A ogni modo le sedi più tipiche di espressione cutanea del disturbo sono collo, superfici flessorie degli arti, regione palmo-plantare, periorbitaria e periorale. Il decorso della dermatite atopica tende a essere cronico-recidivante. Ciò significa che a periodi di miglioramento si alternano periodi in cui il disturbo si riacutizza in maniera più o meno grave. Il disturbo può tuttavia cronicizzarsi e alle lesioni permanenti si può associare un prurito continuo e implacabile.
Che questa malattia cutanea sia associata a una marcata componente emotiva è noto da tempo, ma la metanalisi in oggetto è entrata scientificamente nel merito e ha evidenziato che i soggetti con dermatite atopica hanno il 44% di probabilità in più di pensare al suicidio e il 36% di probabilità in più di tentarlo rispetto a chi non soffre di questa patologia. Questi sono dati di peso perché, se era empiricamente nota l’associazione tra dermatite atopica, ansia e sintomi dello spettro depressivo, mancavano però studi conclusivi sull’eventuale associazione tra dermatite atopica e rischio suicidario. I risultati hanno evidenziato che i soggetti con dermatite atopica hanno un rischio significativamente più alto di ideare e tentare il suicidio. Ciò potrebbe essere dovuto a sintomi debilitanti (come il prurito), alla perdita di sonno causata dai sintomi e a fattori psicosociali (vergogna, stigmatizzazione, peggioramento della performance lavorativa). Un meccanismo biologico potenzialmente coinvolto nella deriva depressiva del disturbo potrebbe essere la produzione di citochine proinfiammatorie, che andrebbero ad alterare l’equilibrio dei neurotrasmettitori nel sistema nervoso centrale favorendo così l’innesco di un episodio depressivo. Il dermatologo, consapevole del rischio, dovrebbe prevedere sempre in questi pazienti un assessment sul rischio suicidario e, sulla base dei dati della ricerca, richiedere un consulto psichiatrico.
CR
[Fonte:Sandhu JA, Wu KK, et al. Association between atopic dermatitis and suicidality. A systematic review and meta-analysis. JAMA Dermatol. 2019;155(2): 178-187. doi:10.1001/jamadermatol.2018.4566]