Disturbo bipolare, obesità e disturbo del comportamento alimentare

L’obesità sta aumentando drammaticamente in tutto il mondo e ciò rappresenta un importante problema di salute pubblica. Il peso eccessivo, infatti, contribuisce allo sviluppo di condizioni quali il diabete e l’ipertensione con un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e anche di alcuni tipi di neoplasie correlate.

Diversi studi hanno confermato un’associazione positiva tra obesità e disturbo bipolare 2 (il disturbo bipolare 2 è quel disturbo che si caratterizza per la presenza di episodi di depressione maggiore che si alternano a episodi di ipomania, ovvero episodi di iperattivazione psichica e motoria meno intensi di quelli definiti maniacali).

Di fatto, i pazienti affetti da disturbo bipolare frequentemente presentano disturbi della condotta alimentare, soprattutto la bulimia nervosa e il disturbo da abbuffate (Binge Eating Disorder, BED) e più in generale comportamenti alimentari patologici quali il night eating o l’emotional eating, con conseguente aumento del rischio di obesità.
I comportamenti alimentari patologici si sviluppano spesso su un substrato di personalità caratterizzato da estrema instabilità affettiva, disregolazione emotiva, reattività dell’umore e impulsività.

Queste caratteristiche sono proprie del temperamento ciclotimico-ansioso-ipersensibile, che costituisce il terreno psicopatologico inter-episodico di molti pazienti bipolari, soprattutto delle donne con disturbo bipolare di tipo 2-4.

Inoltre, i pazienti con obesità e disturbo bipolare mostrano tipicamente un andamento oscillante del peso (cosiddetto «a yo-yo») e delle condotte alimentari, strettamente legato alle oscillazioni affettive sottostanti: nei periodi di ipomania/mania si ha un aumento dell’autostima e della soddisfazione per il proprio corpo, per cui i pazienti riescono a cessare o contenere le abbuffate, si impegnano in diete ipocaloriche e aumentano l’attività fisica con conseguente perdita di peso; durante gli episodi depressivi, soprattutto quelli con caratteristiche atipiche, i pazienti mostrano invece una recrudescenza degli episodi di abbuffata ed tendono ad assumere uno stile di vita più sedentario che porta a un aumento del peso.

La gestione clinica dell’obesità è ancora oggi tutt’altro che semplice e le opzioni terapeutiche vanno dagli interventi comportamentali (modifiche allo stile di vita, dieta, esercizio fisico) e psicoterapeutici (cognitivo-comportamentali, dialettico-comportamentali e interpersonali) alla terapia farmacologica (orlistat, liraglutide, naltrexone+buproprione) ed infine a quella chirurgica (bypass gastrico, gastrectomia verticale), riservata ai pazienti con obesità più grave e più compromessi dal punto di vista metabolico.

Tra i suddetti interventi terapeutici, solo la chirurgia bariatrica si è dimostrata efficace nel consentire una perdita di peso sostanziale e soprattutto sostenuta nel tempo. Per quanto riguarda il trattamento dei pazienti con BD e obesità, la terapia ha come obiettivi la stabilizzazione dell’umore, l’astinenza dai comportamenti alimentari patologici, la riduzione del peso e il miglioramento delle condizioni metaboliche.

Gli stabilizzatori dell’umore, come i sali di litio e gli antiepilettici quali acido valproico, carbamazepina e lamotrigina (indicata solo per la prevenzione delle ricadute depressive), sono indicati nelle linee guida internazionali come farmaci di prima linea per il trattamento del BD. Nei pazienti con BD e obesità la stabilizzazione dell’umore è fondamentale nel ridurre i comportamenti alimentari patologici scatenati dalle oscillazioni timiche; inoltre, gli stabilizzatori agiscono riducendo le abbuffate grazie alla loro azione anti-impulsività.

Da limitare nei pazienti bipolari è invece l’uso di antidepressivi e antipsicotici per il loro rischio di indurre episodi contropolari o una destabilizzazione del decorso nel lungo termine. Infine, nel management farmacologico deve sempre essere considerato l’effetto di molte terapie psicofarmacologiche sull’aumento dell’appetito e conseguentemente del peso.

Alcuni antipsicotici di seconda generazione (soprattutto olanzapina e clozapina) possono inoltre scatenare un aumento del craving per i carboidrati e l’esacerbazione di vere e proprie abbuffate accompagnate da sensazione soggettiva di perdita di controllo sul proprio comportamento, portando a gravi aumenti del peso.

In Europa, una terapia psicofarmacologica con indicazione specifica per il binge eating disorder ancora non esiste e gli antidepressivi sono i farmaci più ampiamente studiati ed applicati per la loro efficacia sull’impulsività, sulle condotte alimentari e, più in generale, sui sintomi ansiosi e depressivi.

Tra questi, gli inibitori specifici della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono preferiti per la loro specifica azione anti-impulsività, in particolar modo la fluoxetina, che ha un’indicazione per il trattamento della bulimia nervosa, la sertralina e la fluvoxamina, mentre il citalopram e la paroxetina sono scarsamente utilizzati a causa dei loro effetti collaterali sull’aumento di peso. C’è da dire che questo tipo di trattamento di prima scelta per la cura del Binge Eating Disorder diviene critico se il soggetto presenta in comorbilità un disturbo bipolare poiché gli ssri sono adatti per il Binge Eating Disorder e sconsigliati nel trattamento del disturbo bipolare

In presenza di comorbilità con il disturbo bipolare per trattare il Being Eating Disorder si può optare per i farmaci anticonvulsivanti stabilizzatori dell’umore, la lamotrigina in particolare può essere di beneficio poiché riduce la fame e può indurre una significativa riduzione delle abbuffate e dell’impulsività. Altri trattamenti psicofarmacologici, come il naltrexone e gli agenti modulatori del glutammato, sembrano essere promettenti per la riduzione delle abbuffate e la perdita di peso ma necessitano di ulteriori studi.

CR