L’ombra del progresso per i pari diritti tra uomini e donne
Facciamo una brevissima riflessione sulla lotta per i pari diritti tra i due sessi. A scanso di fraintendimenti, si tratta di una battaglia sacrosanta e ancorandomi alla mia onestà intellettuale non riesco a trovare alcuna giustificazione laica o scientifica per sostenere il contrario. E, anche qualora albergasse nel maschio che è in me una qualche segreta propensione a schierarmi o peggio a operare nella direzione opposta, sarebbe un movimento di retroguardia che tutti sappiamo essere fatalmente tracimato dalla storia. Se poi ascolto il padre che sono, avendo tre figlie femmine, non posso che augurarmi che il punto di arrivo dei pari diritti non tardi più che una generazione.
Chiarita la mia posizione, lancio un pensiero a riguardo. Tanto più si diluisce la differenza tanto più dovrebbe divenire calzante la riflessione sulle conseguenze di questa battaglia di civiltà, che è anche un mutamento culturale radicale che sta avendo effetti decisivi su come noi intendiamo i ruoli di genere. È una riflessione che latita, che è difficile articolare poiché immediatamente bollata come reazionaria, ostativa a ciò che la modernità indica come il bene assoluto: l’annullamento di ogni discriminazione, che porta però la diluizione delle differenze, anche quelle dei generi. Il punto è che la differenza dei diritti si fondava su cose che oggi, a buona ragione, consideriamo «odiose». Chi ha meno diritti ha meno valore e chi ha meno valore conduce una vita più difficile, meno protetta e meno libera. Questa ingiusta discriminazione ha però avuto pregnanti risvolti culturali che hanno determinato l’idea di che cos’è un uomo e cosa una donna, le aspettative reciproche nel rapporto tra i sessi, gli stili di corteggiamento, i doveri del compito genitoriale, i ruoli all’interno di una coppia.
Per capirci, quella cultura della differenza che ha prodotto le ingiuste discriminazioni ha anche edificato i ruoli di genere, designati dall’insieme di comportamenti e modi di sentire che connotano l’essere maschio o femmina. La questione è: percepiamo la mancanza di donne che siano «davvero donne», come direbbe un uomo, e non fotocopie stiracchiate di maschi dominanti e, per converso come direbbero le donne, di uomini che sappiano anche essere forti, protettivi e direttivi? Se è così, sappiate che la giusta battaglia per i pari diritti (vedi emancipazione femminile) sta comportando la liquefazione dei ruoli di genere e con essi di quelle differenze che ci rendevano interessanti gli uni alle altre, anche se questa dissonanza conteneva inevitabili aspetti discriminanti. Agli uomini non era concesso il cedimento e così alle donne l’assertività. Di questo dobbiamo essere consapevoli prima di salire sul carro del politicamente corretto che sa dove ci vuole portare (cioè verso i pari diritti), ma è cieco verso ciò che tracima sotto le sue ruote. Non c’è modo di salvare tutto, ma è bene essere consapevoli dell’ombra che produce il progresso nel rapporto tra i generi.
CR