Alika Ogorchukwu, perché?

Come è possibile uccidere oggi un uomo per un motivo futile quale l’insistenza nel vendere o per un apprezzamento fatto alla propria donna? La vicenda di cronaca è quella recente e per ora nota solo nelle sue linee generali: un ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu è stato ucciso per strada da Filippo Forlazzo, un italiano. L’insensatezza del fatto è animata da due movimenti inconciliabili, agli antipodi. Per un verso nessuno è intervenuto, ma il crimine è stato ripreso; per un altro sembra un delitto d’altri tempi, un delitto d’onore: nessuno può importunare verbalmente una donna che passeggia con il suo uomo, pena il suo omicidio. Due movimenti appartenenti a tempi storici diversi confluiscono nel presente a permettere l’orrore. Da una parte, il piano relazionale asimmetrico del maschio il cui senso del valore è nel saper difendere le sue proprietà, di cui la donna è parte; dall’altra la disarmante diluizione narcisistica del sistema valoriale di chi ha assistito e ha ripreso l’omicidio: non c’è vita che valga più della nostra, ed è proprio in questo assunto della modernità occidentale che può circolare il potente anestetico che ci consente di filmare una morte in diretta senz’altro fare. Tra questi due modi di intendere il senso del proprio essere nel mondo non c’è dialettica, ognuno opera secondo la sua logica producendo, quando si lambiscono, lo scandalo del crimine che diviene spettacolo. Da un lato la più becera deriva della cultura patriarcale, dall’altro il narcisismo voyeuristico e anestetizzante. Due mondi che non comunicano e quando si toccano generano l’orrore della morte futile filmata.

CR