Pornografia vs erotismo: una contrapposizione insensata

Succede che mi si chieda quale differenza ci sia tra erotismo e pornografia. La domanda si basa su un fraintendimento di fondo: l’erotismo sarebbe una forma espressiva della sessualità più elegante, patinata, più educata, meno brutale nel suo attuarsi, di quanto non sia la pornografia. Un altro fraintendimento è che l’erotismo sia il modo preferito di essere nel sesso delle donne, in contrapposizione all’inclinazione pornografica della sessualità maschile. Tesi ques’ultima contraddetta dal fatto che anche le donne fanno un significativo consumo di pornografia e sostenuta dalla non ancora esaurita tendenza maschile a circoscrivere la sessualità femminile nel recinto della seduzione e avulsa da una reale aspirazione al godimento del corpo. Ma è proprio questo sfondo comprensivo che genera distinzioni insoddisfacenti tra la dimensione erotica e quella pornografica della sessualità; e così la domanda è ripetuta, perché le risposte non sono esaurienti. 

Proviamo, però, a cambiare prospettiva. Considerato che l’umanità consuma più di 136 miliardi di video pornografici ogni anno, per una media 348 video porno per ciascun utente di smathphone; considerato che non esiste un reale filone di video erotici non ponografici (esiste un filone di video porno soft, quelli che gli anglosassoni indicano come vanilla sex, ma che ha percentuali di consumo molto basse se paragonate ai video porno); considerato, infine e come detto, che dalle statistiche anche le donne risultano forti consumatrici di pornografia, verrebbe da dire che non c’è partita, che la contrapposizione è insensata, che la pornografia ha sgominato l’erotismo o che l’erotismo è un invenzione perbenista, un po’ bigotta per sdoganare quel po’ più di sessualità in chi, per indole o per educazione, si affaccia a questa con inibizione. Ma se allora la pornografia è il reale della sessualità, questa, la sessualità, davvero si esaurisce in essa? L’idea dell’erotismo è davvero solo la foglia di fico dell’inibizione o del disgusto per le espressioni forti e impersonali della pornografia?

L’errore di fondo che genera i fraintendimenti è nel riporre la traccia più propria della pornografia nell’uso dei corpi, per contrapporla all’erotismo in cui l’incontro di due soggettività esiterebbe in un intreccio dei corpi sotto l’egida dell’amore o, in assenza di questo, del rispetto dell’alterità. Il risultato? Il sesso pornografico è eccitante, l’erotismo è insipido, meno convincente, noioso. Ma siccome la parola erotismo ci è più gradita di quanto non sia la parola pornografia, nella domanda di che cosa differenzi l’uno dall’altra si declina in traluce la necessità di capire come possa la dignità dell’erotismo trarre qualcosa di eccitante dalla pornografia senza tuttavia spandersi e perdersi nelle sue torbide acque. Per comprendere quindi che cosa sia l’erotismo dobbiamo accettare di arretrarlo dalla nobile posizione di rifiuto della oggettivizzazione e del corpo, di sdegno verso l’indicibile del sesso, e permettergli di bagnarsi nelle acque della pornografia, tenendo però in conto che l’oggetto che io sono per l’Altro e l’Altro è per me non è che un prestito dei due o più soggetti che intraprendono l’impresa sessuale.  

E allora non è nell’uso dei corpi la linea di demarcazione tra pornografia ed erotismo. Dobbiamo volgere lo sguardo altrove per intendere. Il vero punto di cesura è il rapporto con il limite. C’è quindi erotismo dove intravediamo una dialettica tra ciò che si può e non si può fare. Ognuno di noi – e ogni coppia – può abitare la sessualità sotto il segno o del proibito trasgredibile o della permessività assoluta. Detto in altro modo la sessualità può essere vissuta sotto le insegne del desiderio alimentato dall’attesa – e quindi da un limite – e dall’immaginazione o della pulsione da soddisfarsi immediatamente. Il farsi oggetto e il rendersi oggetto di godimento non è però una prerogativa della pornografia, ma un movimento ineludibile dell’eccitamento sessuale che, è da sottolineare, consente che la sessualità resti un’attività eccitante, anche con il declino della novità del compagno e del suo corpo.

È dunque un errore attribuire alla pornografia come aspetto connotante l’uso dei corpi, che è proprio dell’eccitamento, al di là delle etichettature. Cadiamo invero nel territorio della pornografia quando la pulsione è soddisfatta nell’immediato, senza alcun limite che si frapponga, che la ritardi (perché quando questo avviene segna la fine dell’alterità nelle relazioni sessuali). Il proibito trasgredibile, che anima l’erotismo, proprio nella proibizione contiene il punto dell’alterità. Il Grande Altro che proibiva alla nostra sessualità di declinarsi negli innumerevoli rivoli della trasgressione non esiste più. La religione non ha più presa nell’indirizzo della sessualità e la società ha fatto suo lo spirito del tempo, per cui tutto si può a patto che non sia rubricato come reato. Il Grande Altro, quindi, non c’è più e anche l’Altro, il nostro partner, tende a essere reificato, ridotto allo stato di oggetto consumabile e narcisizzante. Si ricerca l’uguale che ci rispecchia e con il quale la pulsione sessuale può essere subito soddisfatta ed esaurita – si pensi ai rapporti sessuali consumati in serata, senza un prima e senza un dopo – senza che l’attesa, la dialettica tra i fantasmi sessuali dei partner, i tempi dell’uno e i tempi dell’altro e le necessarie mediazioni per orchestrare le disarmonie sessuali abbiano il tempo di accendere il desiderio e attuarsi sotto l’egida della differenza, del limite che l’Altro è e dovrebbe essere per noi in ambito sessuale. Questo è l’erotismo: l’erotismo riguarda l’Altro nel senso enfatico, che non si lascia risolvere nel regime dell’Io, che entra in una dialettica della seduzione e della contrattazione, e che accetta allo stesso tempo di essere goduto rinunciando temporaneamente al suo statuto di soggetto. Poiché oggi viviamo invece «nell’Inferno dell’Uguale» (prendo a prestito questa bella definizione del filosofo Byung-Chul Han), facciamo fatica a comprendere le ragioni dell’erotismo, che ha nell’impegno/limite in una relazione con una persona, e non solo con un corpo, la sua cifra più caratterizzante. Così accade che aspirati nel confort dell’Uguale pratichiamo una sessualità pornografica orfana della trascendenza del desiderio. Il vero fraintendimento, però, è nel credere che l’erotismo sia in contrapposizione alla pornografia. In realtà il primo, l’erotismo, è orfano della patente d’uso dei corpi e l’altro, la pornografia, del limite al suo consumo infinito, non mediato. Si tratta perciò di una contrapposizione insensata. Ci vorrebbe forse una terza parola che scalzi la dicotomia contenuta nei due termini. Ma non è mai un caso quando in una lingua non esiste un termine che indichi la pienezza di un’esperienza decisiva dell’umano, evidentemente è convenuto così, ma questa è un’altra storia.

CR

Asti, 12 ottobre 2024

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